L’astensione può anche non essere retribuita ma meglio se con accordo tra le parti. Reddito di ultima istanza come ammortizzatore ma si punta alla Cigd
L’attività di lavoro domestico può proseguire sia a ore che a tempo pieno anche nel periodo di emergenza Covid-19. Tuttavia, a fronte della situazione di emergenza, le famiglie possono valutare la sospensione del rapporto ricorrendo ad assenze retribuite o non retribuite, a periodi di ferie o anticipazioni del Tfr, evitando così di licenziare. A fronte del Dpcm del 22 marzo, ieri Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico) ha precisato che il codice Ateco 97 include tutti i datori di lavoro domestico e quindi l’attività del settore non è soggetta allo stop deciso dal Governo. Resta però il fatto che in questo periodo una famiglia possa decidere di sospendere la collaborazione regolata da contratto, a tutela della salute sia propria che del lavoratore, ricorrendo sostanzialmente a tre strumenti. Il primo è l’utilizzo di un periodo di permesso retribuito, qualora non si voglia far pesare economicamente la sospensione al collaboratore. Un’ipotesi che può essere adottata soprattutto in caso di un impegno per poche ore alla settimana, come effettivamente si sta verificando, secondo quanto rilevato da Assindatcolf, ma che diventa economicamente rilevante per il datore di lavoro nel caso di un impegno orario più consistente. Una alternativa è il permesso non retribuito che, a fronte della situazione attuale, potrebbe essere disposto dalla famiglia ma per il quale, secondo Andrea Zini, vicepresidente dell’associazione, sarebbe comunque opportuno trovare un accordo scritto. In alternativa si può ricorrere alla fruizione delle ferie, qualora ve ne siano di residue. In questo caso l’assenza retribuita potrebbe essere combinata con il permesso non retribuito, in modo da trovare un bilanciamento tra oneri a carico del datore di lavoro e penalizzazione per la collaboratrice. 24 marzo 2020
Altra soluzione è l’anticipazione di quote del trattamento di fine rapporto. In tutti questi casi si evita di ricorrere al licenziamento che, sottolinea Zini, oltre alle conseguenze economiche per il lavoratore, determina la conclusione di un rapporto di fiducia che per lo stesso datore di lavoro non è sempre facile instaurare.
Percorrendo queste tre strade si lascia inoltre aperta la possibilità di accesso del collaboratore al Fondo per il reddito di ultima istanza, istituito dall'articolo 44 del decreto legge 18/2020 che dovrebbe fornire misure di sostegno al reddito ai lavoratori che hanno cessato, ridotto o sospeso l’attività a seguito dell’emergenza coronavirus. Peraltro sul fronte degli ammortizzatori sociali Assindatcolf, in occasione della conversione in legge del decreto, punta a far accedere gli addetti del settore alla cassa integrazione in deroga, proponendosi di gestire eventualmente le pratiche per conto delle famiglie. Un settore che conta circa 860mila lavoratori, di cui un po’ più della metà sono badanti.
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